mercoledì 6 settembre 2017

Il Penny Viaggiatore



«Lucas!»
L’uomo immerse un’ultima volta la faccia nella pozza d’acqua raccolta tra le mani, dopodiché chiuse il rubinetto e rispose urlando. «Arrivo!»
«Lucas!» chiamò di nuovo la voce.
Lucas sbuffò, scuotendo la testa. Guardò l’aspiratore, posizionato su una parete, che si occupava del ricambio d’aria nel bagno e si accigliò. Quel dannato affare era più rumoroso di un razzo in partenza da Cape Canaveral. Se solo avesse avuto i soldi per permettersi una casa con delle finestre in ogni stanza…
«Lucas!»
Aprì la porta del bagno e gridò: «Eccomi! Eccomi!» anche se non era più necessario, dato che il piccolo cucinino si trovava in fondo al corto corridoio che collegava i tre locali del modesto appartamento in cui viveva con la moglie. La raggiunse e la trovò seduta a tavola con un’espressione imbronciata. Davanti a lei erano poggiati due piatti stracolmi di pancakes ricoperti di sciroppo d’acero e bacon, mentre due bicchieri di vetro erano pieni fino all’orlo di succo di frutta alle arance rosse. La fissò negli occhi e le sorrise con gratitudine. Era bellissima, almeno per quanto lo riguardava. Alta un metro e settanta, lunghi capelli rossi che teneva sciolti, un viso che chiunque avrebbe definito innocente, con quel naso piccolo, la bocca sottile e gli occhi verdi e vispi, ma che in realtà nascondeva una personalità che ancora adesso riusciva a stupirlo. Quella mattina aveva ancora indosso la vestaglia da notte, segno che per preparargli quelle prelibatezze si era fiondata subito in cucina non appena aveva messo piede giù dal letto.
«Finalmente!» esclamò decisa.

martedì 19 luglio 2016

Resti di un passato dannato - Parte II



Il rumore del portellone che si chiudeva e dei passi concitati che scendevano la scalinata d’ingresso attirò l’attenzione della famiglia. Senza che avesse messo piede giù dai gradini, Mark cominciò ad impartire ordini a tutti i presenti dicendo loro di radunare al più presto gli oggetti di maggior importanza e di prepararsi a partire. Poi si mosse velocemente verso la dispensa per preparare le scorte necessarie al loro sostentamento durante il lungo viaggio. Lara, inizialmente spaesata, si mise a seguirlo tempestandolo di domande che non ebbero la minima risposta, fino a quando il marito si girò e la prese saldamente per le spalle, rivolgendogli uno sguardo carico di determinazione.
«Ho bisogno che ti fidi di me.»
«Mi sono sempre fidata, ho convinto i nostri figli che le tue azioni ci hanno tenuti in vita tutti questi anni, ma adesso voglio sapere esattamente quello che sta succedendo. Vuoi che abbandoniamo la nostra casa, il rifugio in cui ci siamo sentiti protetti per più di due decenni?» disse lei.
L’uomo annuì lasciando cadere le braccia. «È proprio questo il problema, non siamo più al sicuro qui. Wendell ha scoperto il cadavere e ha cominciato a indagare, vuole trovare l’assassino. Non potrò più uscire in cerca di cibo, e se individueranno questo vecchio nascondiglio ci staneranno come topi. Non starò qui ad aspettare che succeda.»
Lara rimase senza parole, si portò le mani davanti alla bocca e iniziò a fare respiri sempre più profondi, come se tentasse di calmarsi.
«Ce la caveremo.» sentenziò Mark nel tentativo di tranquillizzarla.
Lei però scosse la testa. «No, no, no, no, no! Non è vero! Non ce la faremo! Moriremo tutti nel giro di una settimana!»
Il marito si affrettò a chiudere la porta della stanza per evitare che i figli potessero ascoltare le parole della madre, che di certo non avrebbero aiutato in quel momento.

mercoledì 14 ottobre 2015

Resti di un passato dannato - Parte I



Nascosto dietro la roccia, poteva osservare il territorio sottostante senza alcun timore di essere visto. L’arrampicata su quell'altura non era stata facile, ma ne era valsa la pena visto il vantaggio strategico che aveva guadagnato. In cielo nuvole bianche come il latte si rincorrevano senza sosta, evitando però di andare ad oscurare il sole, quasi come se avessero stretto un accordo in precedenza. Con tutta quella luce, Mark sarebbe riuscito a distinguere una formica che camminava nel deserto, figuriamoci un idiota di un metro e ottanta che correva a perdifiato con a disposizione come unici nascondigli dei piccoli arbusti. Mark si sfilò il fucile da sopra la spalla e lo posizionò tra due rocce per migliorarne la stabilità, dopodiché si sdraiò al suolo e impugnò l’arma con entrambe le mani, tenendo la sinistra sulla canna e la destra sul grilletto. Avvicinò l’occhio al mirino di precisione e inspirò profondamente. La croce che indicava dove sarebbe finito il proiettile continuava a traballare, quando però Mark terminò l’espirazione, si stabilizzò perfettamente, come se si fosse incollata alla nuca dell’uomo in fuga. Non tirava un alito di vento, e senza attendere un istante di più, il cecchino premette il grilletto che fece partire il colpo con un boato. Mentre il fucile stava ancora rinculando, dalla testa dell’individuo esplosero una miriade di schizzi di sangue. Fu come se fosse inciampato, con l’unica differenza che da quella caduta non si rialzò mai più. Mark si rimise il fucile in spalla emettendo un sospiro di rassegnazione, poiché odiava dover uccidere qualcuno. Tuttavia non aveva avuto scelta, per proteggere la sua famiglia avrebbe fatto qualsiasi cosa.

mercoledì 2 settembre 2015

Nuovo racconto in lavorazione

Salve a tutti. Volevo informare i lettori che sono a lavoro su un nuovo racconto che spero di pubblicare a breve. Anticipo solo che ci sarà un'ambientazione post-apocalittica...

mercoledì 22 luglio 2015

La landa



Un leggero venticello spazzava il terreno, sollevando una miriade di granelli di sabbia che punzecchiavano ritmicamente il volto dell’uomo disteso a terra. Per diverso tempo non si accorse della cosa, fino a quando ad un tratto aprì gli occhi. Le pupille guizzarono da una parte all’altra, rispecchiando la confusione che attanagliava il suo cervello. Di scatto l’individuo sollevò la testa e si mise sulle ginocchia, guardandosi intorno. Si trovava su una piatta distesa di roccia che si estendeva a perdita d’occhio, oltre l’orizzonte. Non una singola altura si frapponeva ad ostruire la visuale, o un fiume a tagliare in due il paesaggio. Il cielo era azzurro, completamente sgombro dalle nuvole, e il sole splendeva luminoso lì in alto, rendendo il suolo bollente come una fornace. O almeno così avrebbe dovuto essere. L’uomo fece caso per la prima volta all’indumento che indossava, una tuta nera che lo ricopriva dalla testa ai piedi, e che sembrava essere un pezzo unico, senza alcun punto di giunzione. Provò a toccarsi la bocca, gli occhi e si accorse di non riuscirci, quindi capì che la tuta lo avvolgeva interamente, senza lasciare neanche uno spiraglio. Avvertì un senso di oppressione che però rimaneva distante, al limitare dei suoi pensieri, che erano monopolizzati da un’unica domanda.
Dove mi trovo?
L’uomo non riusciva a ricordare nulla, nemmeno il suo nome, e questo stava cominciando a terrorizzarlo. Si impose di calmarsi, e dopo un paio di respiri profondi riuscì a ritornare lucido. Se voleva delle riposte non le avrebbe certo trovate restando fermo lì. Quindi si alzò in piedi e cominciò a camminare verso una direzione qualsiasi. La cosa fondamentale era riuscire a scovare una fonte d’acqua, poi avrebbe potuto dedicarsi alla ricerca del cibo. Ogni dieci minuti una lunga serie di dubbi si insinuava nella sua mente e lo costringeva quasi a fermarsi. E se non fosse riuscito a trovare l’acqua? E se ne avesse trovata troppo poca? E se non ci fosse niente di commestibile?
E se fossi solo?

Un saluto a chiunque passi di qui


Salve a tutti. Essendo la prima volta che scrivo, voglio informarvi che insieme alla creazione del blog, pubblico immediatamente anche il mio primo racconto.
Buona lettura!